2009/08/30

La falsa "roccia lunare" del museo olandese

di Paolo Attivissimo, con il contributo di Diego Cuoghi. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale del 2009/08/30. Ultimo aggiornamento: 2017/10/04 00:30.

Secondo i curatori del museo nazionale olandese Rijksmuseum, ad Amsterdam, un reperto che per anni è stato presentato nel museo come campione di roccia lunare portato dagli astronauti della missione Apollo 11 è un falso: si tratta infatti di semplice legno pietrificato. La notizia è stata diffusa il 27 agosto 2009.

A prima vista, questa può sembrare una vittoria per i sostenitori della falsificazione degli sbarchi lunari. In realtà dimostra che i falsi prima o poi vengono smascherati e vengono annunciati pubblicamente e senza reticenze. A patto di fare una cosa importante: portare prove inoppugnabili della falsificazione. Ed è questo che i lunacomplottisti finora non sono riusciti a fare a supporto delle loro tesi.

Detto questo, il mistero di come una falsa roccia lunare sia finita in un museo è intrigante e vale la pena di approfondirlo.

Si può notare subito un dettaglio importante: in realtà la targa che accompagna la "roccia", mostrata nell'immagine qui sopra, non parla affatto di roccia lunare: anzi, non descrive affatto l'oggetto al quale si riferisce. Dice semplicemente "con i complimenti dell'ambasciatore degli Stati Uniti d'America J. William Middendorf, II per commemorare la visita ai Paesi Bassi degli astronauti dell'Apollo 11 Neil A. Armstrong, Michael Collins, Edwin E. Aldrin, Jr. – Centro Congressi e Fiera Internazionale R.A.I., Amsterdam, 9 ottobre 1969".

Secondo le notizie finora pubblicate, il reperto sarebbe stato donato il 9 ottobre 1969 dall'ambasciatore statunitense Middendorf a un ex primo ministro olandese, Willem Drees, durante il tour mondiale degli astronauti dell'Apollo 11 poco dopo la loro missione storica del 1969, in occasione di una mostra dedicata all'esplorazione spaziale. In effetti la data del 9 ottobre 1969 coincide con la presenza degli astronauti dell'Apollo 11 ad Amsterdam, secondo Wingnet.org.

Alla morte di Drees, nel 1988, la "roccia lunare" sarebbe stata messa in esposizione nel museo. Secondo alcune fonti, fu assicurata per circa 500.000 dollari per un certo periodo; altre fonti riportano un ammontare inferiore (50.000 euro).

Ma le indagini, supervisionate da Xandra Van Gelder, chief editor della rivista Oog del museo, hanno accertato che si tratta di un falso. La Van Gelder ha dichiarato che l'oggetto era stato verificato in origine tramite una telefonata alla NASA: però l'ente spaziale non aveva autenticato specificamente quel reperto, ma aveva semplicemente dichiarato che era possibile che i Paesi Bassi avessero ricevuto una roccia lunare, dato che la NASA ne aveva donate a oltre 100 paesi nei primi anni Settanta, ma si trattava di materiale provenienti da missioni successive.

I dubbi sull'autenticità dell'oggetto risalgono al 2006, quando fu esibito nel museo per l'esposizione Fly me to the moon: di solito non era visibile al pubblico. Arno Wielders, un fisico e imprenditore aerospaziale, lo vide e informò il museo che era altamente improbabile che la NASA avesse donato una preziosissima roccia lunare tre mesi dopo il ritorno della prima missione e prima che avesse luogo il secondo sbarco. Una telefonata all'ente statunitense che si occupa della gestione di tutti i reperti lunari confermò il dubbio: il curatore dell'ente si dichiarò certo che non potesse trattarsi di roccia proveniente dalla Luna.

Soprattutto era improbabile che la NASA avesse donato all'Olanda una roccia così grande: le donazioni ad altri paesi si misurano in grammi, mentre secondo alcune fonti la "roccia lunare" ha le dimensioni di un pugno (secondo altre quelle di una scatola di fiammiferi, come mostrato nell'immagine qui accanto, tratta da NOS Niews).

Erano sospette anche le sue tinte rossicce, ben differenti da quelle delle comuni rocce lunari. Il petrologo Wim van Westrenen, della Libera Università di Amsterdam, si accorse subito c'era qualcosa di sospetto, e in seguito furono effettuati dei test. Il mese scorso, un esame microscopico e spettroscopico di un frammento rimosso dal reperto ha permesso di trovare quarzo e strutture cellulari tipiche del legno. Il geologo Frank Beunk ha concluso che si tratta di una pietra di scarso valore: non più di 50 euro.

Van Gelder ha anche segnalato che non è chiaro perché l'ex primo ministro Drees abbia ricevuto la "roccia lunare", considerato che nel 1969 aveva 83 anni e non era più in carica da undici anni, ma ha sottolineato che era comunque uno statista molto stimato che aveva aiutato a ricostruire i Paesi Bassi dopo la seconda guerra mondiale.

I funzionari statunitensi per ora non hanno fornito spiegazioni per questo curioso falso; l'ambasciata statunitense all'Aia ha detto che sta investigando sulla questione.

L'ambasciatore Middendorf ha spiegato all'emittente olandese NOS News che lui aveva ricevuto il reperto dal Dipartimento di Stato USA ma non ricordava i dettagli precisi.

Gli unici reperti lunari formalmente identificati su suolo olandese sono al museo Boerhaave a Leiden: un frammento proveniente dalle rocce raccolte dall'Apollo 17 e della ghiaia fine portata sulla Terra dall'Apollo 11. I circa 382 chilogrammi di rocce lunari delle missioni Apollo sono conservati in atmosfera controllata di azoto al Lunar Sample Laboratory Facility del Johnson Space Center. Ogni anno, vari enti e laboratori di ricerca di tutto il mondo ricevono in prestito circa 400 campioni di peso medio intorno al grammo.

Le ipotesi su cosa sia successo esattamente al reperto olandese fasullo sono varie. Una è che si tratti di un malinteso: trattandosi di un dono proveniente dagli astronauti, fu dato per scontato che si trattasse di una roccia lunare, nonostante questo non sia indicato sulla targa che l'accompagna. Un'altra è che si sia verificato uno scambio e che l'oggetto attuale non sia quello al quale si riferiva in origine la targa.

Personalmente vorrei formulare anche una terza ipotesi: che si tratti di una burla olandese ben fatta. Il dubbio nasce dalla stranezza del fatto che un reperto così significativo non fosse mai stato esposto prima (ma l'aggiornamento qui sotto forse indica un'esposizione precedente) e che fosse venuto alla ribalta soltanto durante una "esposizione artistica" organizzata dal duo di artisti di Rotterdam Liesbeth Bik e Jos van der Pol, specializzato in happening, anziché durante una mostra scientifica. L'evento artistico prevedeva che il duo ponesse ai visitatori "varie domande su quest'oggetto, mai rivelato prima al pubblico, e sui piani del Rijksmuseum di aprire un museo sulla Luna": un quesito decisamente semiserio.


E poi ci sono due indizi molto curiosi: perché mai una targhetta preparata per conto di un ambasciatore statunitense dovrebbe contenere un errore come "Apollo-11", con il trattino, ben poco inglese ma molto olandese, e la parola "Centre" scritta secondo la grafia britannica anziché quella americana ("Center")?


2009/10/01


La rivista d'arte olandese Oog Magazine ha pubblicato un articolo, intitolato "Gevallen Steen", che si occupa del caso (immagine qui accanto; PDF scaricabile). Ho contattato la redazione per avere maggiori informazioni.

Da una prima traduzione automatica dell'articolo sembra che la "roccia lunare" sia comparsa nel museo per la prima volta il giorno stesso della visita degli astronauti, nel 1969, nell'ambito di una mostra dedicata all'ex ministro Drees, e che poi sia stata riscoperta dai curatori in occasione della morte di Drees, ma la cosa pare piuttosto implausibile.

Qui sotto, intanto, pubblico il testo originale, nella speranza che qualche lettore pratico d'olandese lo possa tradurre in italiano con maggiore affidabilità.

De maansteen van Willem Drees werd jaren gekoesterd als een van de meest exotische objecten in de collectie van het Rijksmuseum. Tweemaal werd hij tentoongesteld. De laatste expositie kreeg een staartje.

GEVALLEN STEEN

Uitgerekend Willem Drees, de minst frivole minister-president van Nederland, kreeg in 1969 een maansteen van de Amerikaanse ambassadeur J. William Middendorf II. De eerste bemande maanvlucht dat jaar was een ongekende hype. De drie betreffende astronauten – Neil Armstrong, Michael Collins en Edwin Aldrin – deden als helden in korte tijd 25 landen aan, waaronder Nederland. Ze bleven hier slechts een halve dag. Koningin Juliana en de toenmalige premier Piet de Jong ontvingen hen op 9 oktober 1969. Juliana kreeg, net als andere staatshoofden, een kopie van de plaquette die de astronauten op de maan achterlieten. De regering verblijdde de astronauten met een zilveren fazant. Op dezelfde dag werd in de RAI in Amsterdam een tentoonstelling over ruimtevaart geopend. Daar kreeg voormalig premier Drees zijn maansteen. Na het overlijden van Drees liet zijn familie conservatoren van het Rijksmuseum kijken of ze iets van hun gading konden vinden in de nalatenschap van de grootste naoorlogse premier. De maansteen viel direct op. Hij ging mee naar de depots van het museum en werd voor 100.000 gulden verzekerd. Begin 2000 werden bureau, pennenkoker, schrijfmap en maansteen van Drees tentoongesteld in de zaal naast de Nachtwacht.

Niet van deze wereld

De tweede keer dat de steen de depots verliet, was in 2006 voor een modern kunstproject, Fly me to the Moon. Het kunstenaarsduo Bik Van der Pol maakte een grote show rond het oudste stuk van het museum. In een van de torens van het hoofdgebouw vond de bezoeker, na een tocht over een smalle wenteltrap, de steen verstild in een vitrine. In het begeleidende boek schreef Bik Van der Pol: ‘In de collectie van het Rijksmuseum is de steen letterlijk een alien, vreemd en afwijkend: te midden van alle andere objecten van het museum, het enige object dat niet van deze wereld is.’
De tentoonstelling trok ook de belangstelling van ruimtevaartdeskundigen. Arno Wielders, ruimte- vaartconsultant van Space Horizon, twijfelde direct aan de echtheid van de steen. “In 1969 waren de astronauten maar kort op de maan. Ze moesten van alles doen en namen slechts een zakje vol stenen mee. NASA heeft die allemaal gehouden voor eigen onderzoek. NASA houdt heel precies bij waar welke steen is en deze steen komt in hun boeken niet voor.” Diverse deskundigen bogen zich erover en uiteindelijk kwamen zij tot de conclusie: dit is geen buitenaardse steen. Waarom ambassadeur Middendorf juist aan Drees, die toen al elf jaar geen premier meer was, een steen gaf, is niet opgehelderd.
Speciaal voor Oog werden op de Vrije Universiteit in Amsterdam een aantal onderzoeken op de steen losgelaten. Met een fijn beiteltje werd, op een bestaande breuklijn, een klein scherfje los gewrikt dat verschillende analyses onderging. Frank Beunk en Wim van Westrenen, beiden steendeskundigen – petrologen is de officiële term – begeleidden het onderzoek. De steen die ooit van de maan kwam, blijkt niet meer dan een stuk versteend hout. “Het is een non-descripte, vrijwel waardeloze steen”, oordeelt Beunk. Van versteend hout bestaan mooiere voorbeelden. Een echte liefhebber koopt die voor maximaal 50 euro.


Il problema di tutta questa faccenda è che le informazioni sulla storia della "roccia" sono quasi tutte di seconda mano: non sono emersi finora i documenti d'epoca che ne traccino le vicende. In attesa di chiarimenti risolutivi, la "roccia lunare" rimane un chiaro esempio di come i falsi vengano portati, prima o poi, alla luce: cosa che non è avvenuta in quarant'anni per il presunto falso dello sbarco sulla Luna.


2010/10/14


Un'intervista a Buzz Aldrin realizzata dal lunacomplottista Jarrah White mette in luce un altro dettaglio importante che rende implausibile che la roccia olandese sia stata consegnata dagli astronauti: Aldrin precisa che i campioni di roccia lunare consegnati dall'equipaggio dell'Apollo 11 alle autorità nei vari paesi del mondo durante il loro tour diplomatico erano incapsulati in una plastica trasparente protettiva, mentre la "roccia lunare" olandese è priva di ogni protezione.

Un articolo su Abitare.it (n. 506 dell'11/10/2010) parla delle opere del duo di artisti olandesi Liesbeth Bik e Jos Van der Pol e contiene questa citazione interessante sul loro metodo di lavoro e sull'opera di cui questa presunta roccia lunare faceva parte:

La domanda è sempre all’origine dei loro progetti: ma è proprio vero che la roccia conservata al Rijksmuseum di Amsterdam arriva dalla luna? E se lo è, vale la pena interrogarsi sul diritto del museo di possedere un pezzo del satellite? Come mettere in discussione lo spazio in qualità di piattaforma delle dinamiche d’interazione tra pubblico e privato? A questi interrogativi sono seguiti due importanti lavori. Nel primo caso (“Fly me to the Moon”, 2006), gli artisti erano stati invitati dal museo olandese a immaginare un nuovo lavoro, destinato a essere esposto durante il periodo di restauro del cantiere museale, quando le collezioni sarebbero state spostate in un deposito esterno. Il duo ha iniziato a studiare le collezioni del museo, scoprendo che l’oggetto più antico era conservato nel Dipartimento di storia olandese, ed era un bizzarro pezzo di crosta lunare (catalogato “Object NG-1991-4-25”). Il frammento del satellite era stato donato al museo da Willem Dress Jr., figlio dell’allora prima ministro olandese, che lo aveva ricevuto a sua volta dalle mani dei tre mitici astronauti dell’Apollo 11 – Neil Armstrong, Edwin Aldrin e Michael Collins – in visita in Olanda. La roccia è una parte dei 21,7 kg di detriti lunari rimossi dalla missione americana e poi distribuiti come souvenir dallo spazio a varie rappresentazioni nazionali. Attraverso la ricostruzione di questa storia e una ricerca iconografica tra i dipinti del museo legati al tema della luna (come per esempio le due opere di Jan Vermeer del 1667, dove il pittore ritrae un uomo intento a studiare i corpi celesti), gli artisti realizzano un libro, che racconta il backstage dell’installazione e ragiona sulla relazione tra documentario e fiction nei processi di costruzione della scoperta della luna. Cruciale è nella loro ricerca la contaminazione tra testo e immagine. Ogni opera è un testo e ogni testo è un’opera.

The query process is always at the heart of their projects: is it really true that the piece of rock in the Rijksmuseum, Amsterdam, comes from the moon? If it does, is it worth questioning the museum’s right to own a piece of the moon? How can we best examine the idea of space as a platform for public-private interaction? These questions have given rise to a number of important projects. In “Fly me to the Moon” (2006) the Dutch museum invited them to design something new to exhibit during restoration work on the museum when its collections were stored in an off-site warehouse. Looking carefully at the collections, they discovered that the oldest exhibit, found in the Dutch History department, was a weird lump of lunar crust (catalogued as “Object NG-1991-4-25”). It had been donated to the museum by Willem Drees Jr., son of then Dutch Prime Minister, who had in turn received it from legendary Apollo 11 astronauts Neil Armstrong, Edwin “Buzz” Aldrin and Michael Collins during a visit to the Netherlands. It was part of a 21,7 kg load of lunar debris collected by the Apollo 11 crew that was later handed out as gifts and souvenirs to foreign governments. Through the reconstruction of this story and a search for lunar themes in the museum’s pictures – as in, for example, two paintings (1667) by Jan Vermeer showing “The Astronomer” and “The Geographer” deep in thought as they study the celestial globe – a background book was produced which examines relationships between documentary and fiction in reconstructions of how the moon was discovered. Contamination of text and image is also crucial to their research. As they say on their website’s homepage, which is designed as a pop-up book, every artwork is a text and every text is an artwork.


Fonti: BBC; Yahoo News; Natutech.nl; Corriere.it; U.S. Department of State Official Blog; Epoch Times; Facoltà di scienze della terra dell'Università di Amsterdam; NOS Nieuws.

2009/08/20

La sonda LRO rifotografa le impronte degli astronauti sulla Luna

di Paolo Attivissimo


Fresca fresca, rilasciata poche ore fa, arriva dalla sonda automatica Lunar Reconnaissance Orbiter una nuova fotografia del sito di allunaggio dell'Apollo 14, nella zona di Fra Mauro, così nitida che si scorge la traccia delle impronte lasciate dagli astronauti Alan Shepard e Edgar Mitchell per collocare gli strumenti (come l'ALSEP) e per andare a visitare un cratere vicino, il Cone Crater, situato a circa 1200 metri dal punto di allunaggio e non inquadrato qui sopra.

Il sito era già stato fotografato il mese scorso, ma stavolta il sole è più alto sull'orizzonte (a circa 24 gradi): quindi le ombre sono più corte e il contrasto del suolo lunare è più marcato e rivela meglio dove la superficie è stata smossa dagli astronauti.

L'annuncio con i dettagli tecnici è qui; la foto complessiva dell'area di sbarco è qui; potete vedere anche il video Youtube, il video ad alta risoluzione (155 megabyte) e l'immagine grezza della passata intera di LRO (253 megabyte).

Per chi vuole seguire in tempo reale il sorvolo dell'LRO, è disponibile questa mappa continuamente aggiornata.

2009/08/13

Conferenza su complotti e chicche lunari in Val di Fiemme il 14/8 (UPD 20090816)

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale

Venerdì 14 agosto sarò a Tesero, alla Sala Bavarese del Teatro, alle 21, per raccontare le missioni lunari e smontarne le complesse teorie di complotto e i semplici dubbi dei molti che ormai per limiti d'età conoscono questo periodo della nostra storia solo come ricordo sbiadito o non lo conoscono affatto.

Per esempio, quanti sanno che ci fu un tentativo lunare russo e che il veicolo dall'aria poco rassicurante mostrato qui accanto è il Lunniy Korabl, il modulo lunare con il quale l'Unione Sovietica cercò disperatamente di battere gli Stati Uniti nella corsa alla Luna?

L'appuntamento è organizzato dal Gruppo Astrofili Fiemme. Sarà una bella occasione per incontrarvi, per condividere qualche immagine in HD delle passeggiate lunari che vedrete in Moonscape, per fare due allegre chiacchiere passeggiando nella storia della tecnologia e del coraggio di esplorare, e per saggiare quanto realmente facciano presa sul pubblico le teorie alternative al di fuori degli antri astiosi di Internet.

I lunacomplottisti sono naturalmente invitati a partecipare, se non hanno troppa fifa di discutere con un interlocutore non abbindolabile.



20090816 – Post eventum (foto e video)


La splendida Sala Bavarese ha permesso di ospitare un centinaio di persone e di allestire bene modelli, foto e schemi tecnici in modo che tutti potessero vederli comodamente e di collocare fra il pubblico un modello in scala del sistema Terra-Luna: un globo lunare di dieci centimetri vicino a me e la Terra (un mappamondo da 40 centimetri) in fondo alla sala, a undici metri di distanza.

Credo che questo modello abbia offerto chiaramente la percezione delle distanze in gioco e della differenza enorme fra i voli orbitali di oggi e quei viaggi veri e propri di quarant'anni fa, anche perché a quella scala i voli odierni dello Shuttle e delle Soyuz verso la Stazione Spaziale Internazionale arrivano a undici millimetri dalla superficie del mappamondo.

Nella foto qui sotto, scattata come le altre da mia figlia Lisa in condizioni di luce difficili per la mia fotocamera pocket, vedete la palla azzurra del mappamondo, spostata temporaneamente da una persona del pubblico.

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Le giovani generazioni vengono avvicinate all'epopea spaziale.

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I missili Saturn V erano delle macchine colossali, degne dei Transformers: basta far vedere com'erano fatti, tramite spaccati e schemi come quelli che ho portato, per affascinare qualunque bambino e più di qualche adulto.

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Qui sotto mostro le dimensioni, in scala, di un astronauta rispetto al Saturn V. Questi dati sono talmente fuori misura che non c'è da stupirsi se vi sono degli increduli. E' soltanto lo studio attento dei dettagli tecnici che permette di superare l'incredulità iniziale e di capire che sì, effettivamente quel colosso poteva funzionare.

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Sul tavolo davanti a me ho presentato alcuni manuali tecnici e testi di riferimento, i DVD della Spacecraft Films con le riprese originali integrali delle missioni, un campione di sabbia lunare simulata (regolite sintetica) usata per le prove tecniche dei veicoli che torneranno a camminare sulla Luna e un regolo calcolatore che doveva essere imbarcato per la missione Apollo 18, poi annullata dai tagli del budget spaziale civile statunitense.

Ringrazio tutti gli amici che mi hanno prestato questi oggetti, che hanno suscitato molto interesse fra il pubblico dopo la conferenza, e gli amici che mi hanno portato dei magnifici regali astronautici che non mancherò di sfoggiare prossimamente.

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Purtroppo il modello in scala 1:96 del Saturn V ha avuto un incidente durante la conferenza, ma il danno è rimediabile. Non perdetevi la scena nel video (è nella seconda parte).

Il sondaggio fra il pubblico ha evidenziato che il lunacomplottismo nelle sue varie forme (da quella hardcore del "non ci siamo mai andati" a quella soft del "ci siamo andati, ma non con la prima missione e abbiamo falsificato qualche foto") e i dubbi sulla totale autenticità delle missioni lunari sono abbastanza diffusi: spannometricamente, sul centinaio di persone presenti un paio si sono dichiarate hardcore e una decina si sono dette dubbiose.

A fine conferenza, però, lo stesso sondaggio ha dato risultati piuttosto differenti: segno che è sufficiente esporre ai dubbiosi l'enorme massa di dati, documenti, immagini, riscontri incrociati per dissipare le incertezze.

Altro discorso è invece quello degli irriducibili: non poteva mancare almeno un lunacomplottista doc, una persona in sala che ha presentato teorie decisamente originali, come quella che la missione Apollo 13 aveva una bomba atomica a bordo e che l'incidente fu provocato per non farla esplodere. Come sempre, quando a queste persone si chiede di presentare documenti o dati precisi, non sanno che pesci pigliare e si buttano su vaghi "l'ho sentito dire... ma dai, è risaputo..." e così via.

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Altri, nella sessione di domande, hanno citato affermazioni attribuite a Piero o Alberto Angela, secondo le quali ci sarebbe stato un programma lunare parallelo dei militari statunitensi e che questi stessi militari avessero intimato alla NASA di sbarcare sulla Luna alla data stabilita, altrimenti ci sarebbero andati loro. La tesi è interessante (e parzialmente compatibile con il programma MOL dell'USAF), ma anche qui quando ho chiesto dettagli o fonti, l'interlocutore non le ha sapute fornire, per cui ci siamo ripromessi di risentirci via Internet per chiarire la questione.

Siamo anche andati a parlare del progetto Orion (vettori alimentati a bombe atomiche) e di altre chicche e follie astronautiche di quegli anni coraggiosi, nonché del programma lunare sovietico, e ho presentato la best evidence: le prove migliori che sulla Luna ci siamo andati.

Infine ho lanciato un'amichevole sfida: che i lunacomplottisti ci dimostrino, in dettaglio, quali tecniche sarebbero state usate per falsificare le decine di ore di video e di filmati, usando soltanto gli effetti speciali non digitali disponibili negli anni Sessanta. Perché alla fine è inutile discutere di radiazioni delle fasce di Van Allen o dell'aspetto di cartapesta del modulo lunare: se i filmati sono autentici, è autentico tutto il resto. Fine della storia.

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In generale spero di aver tolto un po' di polvere dai ricordi sbiaditi da quarant'anni di scarsa esposizione da parte dei media tradizionali e di aver stimolato l'interesse verso questo capitolo del coraggio e dell'ingegno dell'umanità intera che alcuni, forse incapaci di accettare la grandezza altrui, vogliono a tutti i costi sminuire.

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Dopo la conferenza, intorno a una buona birra, abbiamo gettato le basi per i prossimi progetti d'indagine, di documentazione e di divertimento. Perché siamo scettici, sì: ma scettici allegri.


I video


Qui sotto potete seguire l'intera conferenza e il dibattito con il pubblico.



Se vi interessano i video separati:



Il PDF tratto dalla mia presentazione (fatta con Keynote per Mac, quindi non chiedetemi il Powerpoint perché si perderebbero tutti gli effetti e le animazioni) è a vostra disposizione qui. Buona visione.

2009/08/12

Correzione: una foto di Collins c'è

di Paolo Attivissimo

Segnalo una correzione all'articolo Curiosità lunari: avevo scritto che non esistono fotografie di Michael Collins scattate durante la missione Apollo 11. Mi ero basato su fonti solitamente affidabili, come i NASA Mission Reports di Robert Godwin e il documentario BBC Triumph and Tragedy, ma in realtà esiste la foto AS11-36-5292, che ritrae Collins mentre armeggia con una delle telecamere di bordo, un'ora e dieci dopo il decollo, come annotato nell'Apollo Flight Journal.

2009/08/08

Moonscape, come investire i fondi?

di Paolo Attivissimo

Siamo arrivati a oltre 4000 euro di donazioni a favore del progetto Moonscape - Luna mai vista. E' una somma davvero notevole, che non osavo sperare di raggiungere, e vorrei ringraziare pubblicamente tutti coloro che hanno contribuito.

La disponibilità di questa somma porta a nuove possibilità, che però comportano un problema etico per il quale vorrei sentire la vostra opinione.

Lo scopo formale con il quale è partita la raccolta di fondi è soltanto acquistare i diritti d'uso dei filmati restaurati delle missioni Apollo, per crearne un documentario libero e gratuitamente distribuibile. I fondi raccolti sono probabilmente più che sufficienti.

Restano però questioni come il doppiaggio, da far fare a un speaker professionista, o l'acquisto di software per il montaggio (Final Cut Express, che ho già, ha dei limiti tecnici che degraderebbero l'immagine finale, non potendo lavorare sul file sorgente) o l'animazione 3D delle fotografie per creare le panoramiche, oppure (in vista dei successivi documentari) radiomicrofoni, filtri e obiettivi supplementari per la videocamera HD (che ho già) da usare per interviste o visite a luoghi interessanti, o locandine di grande formato da mostrare alle conferenze per far conoscere Moonscape e stimolare interesse e ulteriori donazioni.

L'idea, insomma, è di usare il primo Moonscape come volano per poi creare un'intera serie di documentari liberi e gratuiti dedicati alle imprese spaziali. Per esempio, a ottobre dovrei poter intervistare Umberto Guidoni al convegno del CICAP e avere l'attrezzatura giusta sarebbe prezioso.

Però queste spese non rientrano nella mia proposta originale sulla base della quale mi avete affidato le vostre donazioni, e alcune di esse comportano un beneficio diretto a me (il software e l'hardware rimarrebbero a me, per esempio). Quindi chiedo il vostro parere, sia attraverso i commenti, sia attraverso il sondaggio che ho predisposto nell'angolo in alto a destra di questo blog. Fatemi sapere!


2009/09/03: i risultati


Dei 204 lettori che hanno partecipato al sondaggio, 14 (6%) hanno scelto l'opzione "Solo per acquistare filmati"; 161 (78%) hanno scelto "Anche per altro (hardware, software, ecc) di produzione"; 38 (18%) hanno scelto "Va fatto un sondaggio di volta in volta fra i donatori". Era possibile scegliere più di una opzione.

Sulla base di quest'indicazione, per quanto i tre quarti dei voti siano favorevoli al finanziamento di hardware e altro, mi sembra corretto tenere conto anche dei pareri contrari, per cui gli acquisti necessari per il progetto Moonscape ma passibili anche di mio uso personale verranno pagati per metà di tasca mia e per metà dai fondi di Moonscape. Gli acquisti utili per il progetto ma utilizzati da me prevalentemente per altri scopi verranno pagati di tasca mia. Per esempio, l'aggiornamento dela RAM del mio Mac è utile per velocizzare il montaggio del film, ma siccome userò la RAM principalmente per altri scopi (lavoro), pago io tutta la spesa.

2009/08/06

Perché non si punta un telescopio sui siti di allunaggio e si guarda se ci sono i veicoli lasciati dagli astronauti?

di Paolo Attivissimo con il contributo di Bad Astronomy e Astrolab. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

E' una domanda naturale che prima o poi si pongono tutti: visto che il modo più semplice e diretto per sbugiardare i lunacomplottisti sarebbe mostrare loro i siti degli allunaggi attraverso un telescopio, perché non lo facciamo?

Semplice: perché nessuno dei telescopi terrestri oggi disponibili è sufficientemente potente. Ce ne vorrebbe uno con uno specchio avente un diametro minimo di oltre quarantacinque metri, mentre il più grande attualmente esistente supera di poco i dieci. E comunque anche un bestione del genere vedrebbe gli oggetti lasciati sulla Luna soltanto come puntini indistinti.

Questo può sembrare poco intuitivo: dopotutto i telescopi vedono galassie lontanissime, mentre la Luna è praticamente dietro l'angolo. Ma le galassie sono enormi e gli oggetti lasciati sulla Luna sono molto piccoli (il più grande, la base del modulo lunare, misura circa 9 metri in diagonale da zampa a zampa), e il fatto che siano molto più vicini non compensa la differenza di dimensioni.

Per capire le ragioni di questo fatto occorre conoscere il concetto di dimensione angolare (o diametro angolare). La dimensione angolare di un oggetto è la sua dimensione apparente alla distanza alla quale si trova dall'osservatore (come mostrato nell'immagine qui accanto, tratta da Wikipedia) e si esprime in gradi e in frazioni di gradi.

Uno stesso oggetto, collocato a distanze differenti, ha dimensioni angolari differenti: più è lontano, più è piccola la sua dimensione angolare. Per esempio, il Sole ha una dimensione angolare di circa mezzo grado.

In astronomia, gli oggetti hanno spesso dimensioni angolari molto inferiori al grado, per cui si usano unità più piccole, come per esempio i minuti d'arco, pari a 1/60 di grado. Se questa suddivisione non basta, ogni minuto d'arco è a sua volta diviso in 60 secondi d'arco: un secondo d'arco equivale quindi a 1/3600 di grado. E se anche questo non basta, ci sono i millisecondi d'arco, ciascuno pari a 1/3.600.000 di grado. Per fare un paragone concreto, un millisecondo d'arco equivale alla dimensione apparente di un capello umano a 16 chilometri dall'osservatore (fonte).

Che dimensioni angolari hanno gli oggetti lasciati sulla Luna dagli astronauti Apollo, se visti dalla Terra? Prendiamo l'oggetto più grande, la base del modulo lunare. Misura 9 metri, come detto prima, e si trova a circa 355.000 chilometri nel momento di minima distanza.

Nota: la distanza Terra-Luna, misurata da centro a centro, varia da un massimo di 405.696 km a un minimo di 363.104 km; togliendo i rispettivi raggi di 6378 e 1738 km e lasciando qualche approssimazione per le posizioni non equatoriali dell'osservatore e dell'oggetto, si ottiene una distanza minima di 354.998 km.

Per calcolare la dimensione angolare sapendo questi dati, la formula è questa:

dimensione angolare = arctan (diametro dell'oggetto / distanza dell'oggetto)

Diametro e distanza devono essere espressi nella stessa unità di misura. Per cui:

dimensione angolare = arctan (0,009 km / 355.000 km)
= arctan (2,535211 × 10
-8)
= 0,0052292 secondi d'arco

Nota: un pratico calcolatore online di dimensioni angolari è disponibile per esempio qui presso 1728.org. Un altro metodo ancora più semplice è (dimensione dell'oggetto / distanza) x 206.265 = dimensione angolare in secondi d'arco.

In altre parole, le dimensioni angolari della base del modulo lunare, alla distanza della Luna, sono pari a circa 5,2 millisecondi d'arco: l'equivalente di una persona vista da circa 31.500 chilometri di altezza o di una moneta da un euro a 900 km di distanza.

Che telescopio ci vuole per vedere un oggetto così minuscolo? Ogni telescopio ha un potere risolvente o limite di risoluzione, ossia una dimensione angolare minima al di sotto della quale non può mostrare dettagli, per quanto sia ben costruito e l'aria sia limpida. Questo limite è dettato da leggi ottiche, dipende dal diametro dello specchio o della lente principale del telescopio e si calcola usando la formula di Dawes:

Risoluzione in secondi d'arco = 11,6 / diametro dell'obiettivo in centimetri

Quindi un telescopio con un diametro di 10 centimetri, per esempio, in condizioni ideali potrebbe mostrare dettagli con dimensioni angolari di 1,16 secondi d'arco. In realtà la lavorazione delle lenti e degli specchi non è mai perfetta e l'atmosfera non è mai limpida, per cui all'atto pratico il limite di risoluzione è sempre maggiore.

Ma semplifichiamo e ipotizziamo condizioni ideali: il telescopio spaziale Hubble ha uno specchio di 240 cm di diametro. Applicando la formula qui sopra, si ottiene che la sua risoluzione massima è 48 millisecondi d'arco (più è piccolo questo valore, più sono piccoli gli oggetti visibili a parità di distanza).

A questo bisogna aggiungere che il teorema di campionamento di Nyquist riduce a meno della metà la risoluzione, per cui Hubble ha una risoluzione reale di circa 97 millisecondi d'arco. Ma a noi ne servono 5,2: Hubble non ce la farebbe neanche lontanamente. Gli servirebbe uno specchio con un diametro di almeno 44,6 metri, quasi venti volte maggiore.

Al momento non esiste nessun telescopio, né a terra né nello spazio, con uno specchio enorme del genere. Il record attuale è di poco più di dieci metri, e un telescopio con uno specchio da 30 metri (denominato con poca fantasia Thirty Meter Telescope) non sarà pronto prima del 2018.

Non solo: quand'anche esistesse, questo supertelescopio vedrebbe comunque le basi dei moduli lunari come semplici puntini.

Il Telegraph del 24 novembre 2002 ha segnalato che il Very Large Telescope dell'ESO, situato nelle Ande e composto da quattro specchi da 8 metri (foto qui accanto, tratta da Wikipedia), è riuscito a visualizzare oggetti di circa 120 metri sulla Luna usando un singolo specchio e forse potrebbe combinare i quattro specchi per ottenere immagini più dettagliate.

Non che questo cambierebbe qualcosa per i complottisti, che anzi hanno già messo le mani avanti.

Per esempio, lo stesso articolo del Telegraph riferisce che Marcus Allen, editore della rivista britannica Nexus e lunacomplottista da tempo immemorabile, afferma che eventuali immagini dei moduli lunari non dimostrerebbero comunque che gli americani misero degli uomini sulla Luna nel 1969. I moduli lunari e gli altri oggetti, pare di capire dalle sue parole, secondo lui potrebbero essere stati depositati sulla Luna da sonde automatiche. Forse anche le impronte degli astronauti potrebbero essere state realizzate con un dispositivo automatico, una sorta di robottino con gli stivali?

Non ridete, se potete.

2009/08/05

Mazzucco fa una "proposta 'lunare'" (UPD 20090921)

di Paolo Attivissimo. L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Mi è stato segnalato questo articolo di Massimo Mazzucco che mi invita a partecipare come voce "ufficialista" a un suo nascituro documentario favorevole alle teorie di complotto lunare.

La cosa è particolarmente ironica, perché Mazzucco è la stessa persona che mi ha bandito dal suo sito, Luogocomune, con queste esatte parole: "hai insozzato a sufficienza le pareti di questo spazio". Questo rende materialmente piuttosto difficile qualunque discussione.

Non vedo alcuna ragione per collaborare con chi si comporta in questo modo. Ho già discusso a lungo con lui di complottismo lunare anni fa (nel 2006) e i risultati sono lì da vedere: educativi per chi studia la forma mentis dei cospirazionisti e la loro propensione a spostare i paletti e a insultare quando vengono messi di fronte a dimostrazioni solide, verificabili e inoppugnabili, ma inconcludenti in termini pratici.

L'immagine è cliccabile per ingrandirla.

Non faccio il revisore di bozze di nessun complottista, men che meno di chi m'insulta e mi mette maleducatamente alla porta. Che Mazzucco finisca il suo documentario in cui presenta le sue "prove" migliori. Che sia tutta farina del suo sacco. Che metta nero su bianco le sue asserzioni e le sue accuse infamanti. Poi le analizzeremo e le smonteremo allegramente, una per una, con la documentazione tecnica in una mano e una buona birra nell'altra, brindando alla salute e al coraggio di Buzz, Neil, Mike e di tutti gli altri astronauti lunari sui quali i complottisti tentano invano di tirare fango.


Come si viene trattati su Luogocomune


A riprova di quello che scrivevo sopra, su Luogocomune sono volati subito insulti, sberleffi e pernacchie a me e a un utente, Chiaro75, che ha cercato di criticare civilmente, dati alla mano, le teorie lunacomplottiste. Tutto questo sotto lo sguardo indifferente di Massimo Mazzucco, che anzi mi accusa di essere "scappato" (9/8/09, 20:21). Considerato che è Mazzucco che mi ha vietato di partecipare a Luogocomune, l'accusa è piuttosto ipocrita.



Comunque consiglio vivamente di leggere la discussione, perché è molto educativa.

Mazzucco parla tanto di dialogo, ma la realtà è che dopo avermi bandito da Luogocomune ha rincarato la dose escludendomi esplicitamente dalla sua magnanima "amnistia" verso chi era stato espulso:

Restano esclusi dall’amnistia solo alcuni soggetti particolari, ovvero l’utente wewe, i debunkers professionisti (Attivissimo e soci), e quelli del Cicap espulsi durante la battaglia sui cerchi di grano.




E io dovrei andare a discutere con gente così? Questo dovrebbe essere il garante del fair play?

Siamo seri. Datemi una buona ragione, una soltanto, per la quale dovrei collaborare con un individuo del genere.

Se Mazzucco vuole davvero discutere seriamente invece di fare queste sceneggiate e farsi applaudire dalla propria claque, questo blog è aperto. Che si faccia avanti, se ne ha il coraggio. Non mordo mica.

2009/08/01

In arrivo versione restaurata del 16 mm lunare dell'Apollo 11

di Paolo Attivissimo

Se avete trovato interessanti i fotogrammi del riversamento in HD delle riprese cinematografiche effettuate dagli astronauti dell'Apollo 11 durante la loro escursione sul suolo lunare, ho una sorpresa piacevole da annunciare: esiste un riversamento ancora migliore di questo materiale, che sarà disponibile entro l'estate del 2009 e verrà incluso nel progetto Moonscape.

La notizia arriva da Footagevault.com in seguito a una mia richiesta di chiarimento a proposito di un difetto osservabile nei video in HD: la zona centrale dell'immagine è bene a fuoco, ma ai lati vi sono vistose sfocature, come si può vedere nell'immagine qui sotto, cliccabile per ingrandirla. L'astronauta a sinistra (probabilmente Aldrin mentre scatta la celebre foto dell'orma sul suolo lunare) è fortemente sfocato, mentre l'asta della bandiera, il cavo televisivo e il treppiede della telecamera sono nitidi.



Il chiarimento arrivato da Footagevault, che pubblico qui con il permesso dell'azienda, è molto interessante: l'attuale versione HD proviene dalla digitalizzazione, effettuata nel 2005, di una copia diretta della pellicola originale, quindi con un solo passaggio analogico intermedio, e la sfocatura è un errore prodotto da questo passaggio intermedio su pellicola effettuato dalla NASA: durante il trascinamento, la pellicola non era piana e quindi è in parte fuori fuoco.

Questo significa che il difetto di sfocatura esiste nella copia, ma non nell'originale. Footagevault mi ha informato che nel 2008 è stato realizzato un nuovo riversamento, che dovrebbe sanare questo problema ma è sotto embargo per i media fino all'estate del 2009. Footagevault sta lavorando per ottenerne una copia, che verrà fornita al progetto Moonscape senza ulteriori spese entro fine 2009, a patto che non usiamo la versione HD attuale se non come copia di lavorazione.

In altre parole, avremo immagini ancora migliori di quelle attuali, ma per ora non posso distribuire i video che abbiamo acquistato da Footagevault.

Per darvi un'idea dell'entità del miglioramento possibile e dell'attuale sfocatura irregolare, ecco un fotogramma della ripresa di test presente in testa al filmato in 16 mm, cliccabile per ingrandirlo.



Il lavoro a Moonscape prosegue comunque: le immagini attuali verranno semplicemente sostituite da quelle migliori man mano che si rendono disponibili.