2010/06/13

Gli esemplari sopravvissuti del Saturn V

di Paolo Attivissimo. Fonti: mailing list "Project Apollo" e A Field Guide to American Spacecraft.

Esistono tre esemplari completi del Saturn V, liberamente accessibili al pubblico, che sono una testimonianza fisica del progetto Apollo. Per gli appassionati di settore si tratta di cimeli straordinari; per i dubbiosi, quest'enorme massa di oggetti tangibili, con l'infinita serie di dettagli tecnici ispezionabili, è una smentita molto eloquente.

Quando si parla del progetto Apollo, infatti, non si parla di qualcosa di cui rimane traccia solo nei libri di storia, ma di missili alti oltre cento metri, da vedere e toccare, di tute spaziali, di capsule e moduli lunari e di mille altri oggetti. Chi ha dei dubbi vada nei luoghi dove sono custoditi e si chieda se davvero sarebbe possibile falsificare tutto questo materiale in modo perfettamente realistico, tanto che gli esperti di ingegneria aerospaziale di tutto il mondo che li visitano non si accorgano di nulla.


Kennedy Space Center, Florida


L'esemplare custodito presso il Saturn V Center del Visitors Complex del KSC è composto da uno stadio S-IC di collaudo, dagli stadi S-II e S-IVB costruiti per la missione Apollo 19 (mai effettuata), e da un modulo di comando e servizio di collaudo (boilerplate). Mancano gli anelli interstadio; quello del secondo stadio si trova al Parque de las Ciencias a Bayamon, in Portorico.

Tutti i componenti sono originali restaurati. La livrea è stata modificata per corrispondere a quella dell'Apollo 11. Un'ottima serie di fotografie di questo Saturn V e degli altri componenti dei veicoli Apollo costruiti per le missioni lunari ma mai utilizzati è disponibile qui.


Johnson Space Center di Houston, Texas


Presso l'area visitatori del JSC c'è un esemplare di Saturn V costituito da componenti originali rimasti inutilizzati dopo la cancellazione del progetto Apollo. Il primo stadio e il terzo furono costruiti per la missione Apollo 18 o 19; il secondo fu realizzato come riserva per la missione Skylab; la Instrument Unit proviene dai componenti costruiti per la missione Apollo 20.

Dopo molti anni all'aperto, che hanno causato un certo deterioramento, questo esemplare è stato racchiuso in un edificio e sottoposto a rigoroso restauro. Alcune foto della sua collocazione originale e di quella attuale sono qui.


U.S. Space and Rocket Center, Huntsville, Alabama


L'esemplare all'interno del Davidson Center dell'USSRC è il Dynamic Test Vehicle, il primo Saturn V realizzato per gli studi preliminari sulle vibrazioni indotte dai motori, e dalla capsula di prova (boilerplate) BP-23. Terminata la fase di studio, questo Saturn V fu conservato su richiesta di Wernher Von Braun e poi affidato alle cure dello Smithsonian Institution. Per molti anni è rimasto all'aperto, ma nel 2008 è stato restaurato e trasferito al coperto. Alcune immagini della sua collocazione attuale e di quella precedente sono disponibili qui.

Il Saturn V montato verticalmente all'aperto presso lo stesso U.S. Space and Rocket Center è invece un modello in scala 1:1. Lo si può rilevare da alcuni dettagli della livrea, non conformi agli originali, e da vari dettagli esterni: per esempio, le dimensioni del LES (il sottile razzo d'emergenza in cima al Saturn V) sono maggiorate di circa 25 cm rispetto a quelle autentiche per consentire a una persona di entrare per manutenzione, dato che l'altezza della struttura impone che sia dotata di luci anticollisione per il traffico aereo.

Foto e dettagli della sua costruzione sono qui. La verifica dei dettagli è facilitata da siti per modellisti di precisione come ApolloSaturn.com, ricchi di immagini d'epoca che evidenziano le differenze fra i vari esemplari di Saturn V e di veicoli Apollo.


Michoud Assembly Facility, New Orleans, Louisiana


Al MAF, dove venivano costruiti i primi stadi del vettore Saturn V e per decenni sono stati assemblati i grandi componenti dello Shuttle, è custodito un esemplare del primo stadio, l'S-IC, che fu costruito per la missione annullata Apollo 20. Questo S-IC monta i motori F1 utilizzati per i collaudi statici di accensione.

Altre fotografie di questo componente sono disponibili qui.

8 commenti:

Luigi Rosa ha detto...

Ho visto quello "coricato" del KSC qualche anno fa e ho ancora davanti agli occhi la maestosita' e l'eleganza del mezzo.

Domenico_T ha detto...

Forse non sono pratico di scale, ma dire 1:1 non vuol dire che è in scala reale? Perché quindi le precisazioni circa le differenti dimensioni?

Paolo Attivissimo ha detto...

Domenico,

sì, scala 1:1 vuol dire in scala reale, ma è un dato riferito alle dimensioni generali del modello: alcuni particolari potrebbero essere leggermente fuori scala o posizionati in modo lievemente difforme.

Giuliano47 ha detto...

Altre immagini dello Space and Rocket Center trovate nel blog di un italiano che vive ad Huntsville:

http://tinyurl.com/3895wvc

Vittorio ha detto...

Non voglio fare lo spammone, ma per chi è interessato a foto "fresche" (20 giorni) di questi razzi e di altro al Kennedy Space Center e al Johnson Space Center linko il resoconto del mio viaggio:
http://tinyurl.com/32nexqw

vale1991 ha detto...

Ciao,
innanzitutto vivissimi complimenti per il blog! davvero interessante e molto ben gestito!
sono in difficoltà e mi chiedevo se potevi darmi una mano...sto finendo la tesina per l'esame di maturità (incombente!!).. l'argomento è proprio la teoria del complotto lunare, che cerco di smontare con controprove....cercando qua e là nel tuo blog non ho trovato nulla riguardo al periodo di quarantena:
i lunacomplottisti sostengono che gli astronauti furono messi in quarantena affinché potessero pensare ad una storia coerente da rifilare ai media..e anche perché si voleva evitar loro un impatto psicologico troppo immediato...
secondo la teoria del complotto non c'era altro bisogno di rispettare la quarantena, visto che la luna era stata dichiarata immune da qualsiasi pericolo di contagio...
come te lo spieghi? grazie anticipatamente e complimenti ancora

Paolo Attivissimo ha detto...

Ciao Vale,

premetto che non lo spiego io: lo spiegano i manuali tecnici dell'epoca.

Innanzi tutto, quale fonte tecnica sarebbero in grado di presentare i lunacomplottisti a sostegno della loro affermazione che la Luna era stata "dichiarata immune"? Nessuna, immagino. Come al solito. Io, invece, posso presentarti gli estremi delle documentazioni tecniche che testimoniano il contrario. Se ti servono, chiedi pure.

L'idea che la quarantena servisse per "pensare a una storia coerente" è una scemenza esilarante nella sua assurdità: perché mai avrebbero dovuto aspettare il ritorno per pensarci? Potevano prepararla prima. Avevano avuto anni per farlo. Sai, come si fa con i film: mica si ritrovano il primo giorno delle riprese e dicono "Adesso che facciamo?" No, preparano un copione prima... :-)

Battute a parte, nel luglio del 1969 la Luna era ancora una landa incognita (c'era andata solo qualche sonda automatica). Tanto che Neil Armstrong, per esempio, scese restando inizialmente agganciato a un moschettone (lo si vede nelle riprese) perché si temeva che la polvere finissima si comportasse come una sorta di sabbie mobili e che potessero esserci nascoste nel terreno delle "pozze" di polvere nelle quali l'astronauta poteva sprofondare.

L'ipotesi che la Luna potesse albergare qualche forma di vita microscopica, potenzialmente infettante, non poteva essere scartata. All'epoca era ritenuta improbabile ma non escludibile a priori. Per cui a malincuore fu decisa la quarantena.

La quarantena, comunque, fu eliminata a partire dall'Apollo 15 (leggi queste e altre informazioni nel mio libro gratuito "Luna?" che trovi linkato qui accanto). E questo pone alla tesi complottista una domanda spaccagambe: se la quarantena serviva per preparare la storia plausibile, perché fu poi eliminata?

Se hai altri dubbi, chiedi pure.

vale1991 ha detto...

illuminante!!
grazie mille, davvero =)